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La ruota del criceto: stare o uscire dalla sofferenza?

(90 secondi di lettura)

Nell’articolo sulla zona di comfort abbiamo accennato a come il non fare un salto di consapevolezza ci può portare a ritrovarci “criceti nella ruota infernale”. Vediamo oggi il paio di modi più frequenti che ci tengono prigionieri lì dentro.

Modo uno: tutti, prima o poi, chi più chi meno, attraversiamo periodi difficili, di sofferenza. E quando abbiamo terminato i “metodi aspirina”, ma la sofferenza arriva al limite… forse, e finalmente, ci decidiamo a intraprendere nuove strade mai provate prima, ci apriamo anche a metodi introspettivi: invece che continuare a dare la colpa all’esterno o a lamentarsi, iniziamo a cercare e il problema e la soluzione dentro di noi. E più i metodi introspettivi sono efficaci, più ne sentiamo il beneficio. E allora ecco che usciamo da quella sofferenza, o almeno cominciamo a uscirne…

Ma… un minuto dopo aver assaggiato la sensazione di “guarigione”, ecco che siamo di nuovo pronti a ricalarci, consapevolmente o inconsapevolmente, nelle stesse abitudini che ci avevano portato alla sofferenza: la corsa ai falsi bisogni che il nostro ego ci suggerisce continuamente (ad es. l’ultimo modello di cellulare), il calarsi nel fare, fare, fare tante e tante cose, una dopo l’altra, anziché continuare a praticare anche quell’ascolto che così tanto bene ci aveva fatto stare… Ed ecco che la ruota riprende a girare con noi di nuovo sballottati dentro, proprio quando avevamo intravisto lo sportellino per uscirne!

Modo due (se ce lo possiamo permettere): le nostre giornate scorrono nella fatica o nella sofferenza (o insofferenza), ma per fortuna abbiamo poi la vacanza ai Caraibi. Dove crediamo di rigenerarci, di ricentrarci, di ritrovare l’armonia perduta… Crediamo, ci illudiamo, ma quando l’aereo atterra la ruota infernale è già lì che ci aspetta: abbiamo solo comprato un’aspirina molto costosa e non abbiamo fatto alcun passo avanti per la nostra anima…

Ma… allora… dov’è lo sportellino di uscita? È solo uno, lì, dentro: coltivare la visione interiore in modo costante, come costantemente studiamo, lavoriamo, mangiamo, dormiamo, facciamo l’amore. Non basta sentirci meglio una volta se poi non continuiamo, anche quando ci sentiamo bene, a coltivare ciò che ci ha aiutato a uscire dalla sofferenza. Solo con una costante attenzione al nostro mondo interiore potremo gradualmente stabilizzarci in un nuovo equilibrio, dove la nostra anima potrà crescere giorno dopo giorno mentre vanno avanti tutte le altre cose all’esterno di noi. E quando l’anima può continuare a evolversi, nuove inimmaginabili dimensioni diventano accessibili. Come dice Lao Tzu:

La visione interiore è una funzione dello spirito. Poiché il tuo spirito ti segue ciclo dopo ciclo di vita, morte, e rinascita, hai l’opportunità di coltivare la visione interiore in modo continuo. Raffinandola nel tempo, la visione interiore diventa pura, costante, incrollabile. Questo è l’inizio dell’immortalità.
(Tradotto da Hua Hu Ching – The Unknown teachings of Lao Tzu)

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